La Cooperativa Amico ha iniziato a prendersi cura di Marco Cavallo. Lo storico simbolo della speranza per tutti i malati mentali continua il suo viaggio infinito e si apre ad un’idea più ampia di libertà: è giusto che Marco vada ovunque ci sia bisogno di esprimere un libero pensiero.
Se pensate che Marco Cavallo possa essere utile alla vostra causa, qualunque essa sia, non esitate a contattarci: è già stato ospitato da…
Da quando è riuscito ad abbattere il muro di cinta dell’Ospedale psichiatrico triestino, Marco non si è più fermato: dal 25 febbraio del 1973 gira il mondo per ricordare a tutti che la libertà è un diritto indipendente dalla propria salute: quando prendiamo l’influenza non perdiamo la nostra dignità d’altronde, avere la varicella non significa rinunciare alla propria umanità.
Marco Cavallo è stato un animale in carne e ossa, aiutava gli internati nella vita di ogni giorno: trainando un carretto portava la biancheria, i rifiuti e altro materiale in giro per l’ospedale. Quando un cavallo invecchia raramente ha diritto a un po’ di meritato riposo però, quando un cavallo invecchia è destinato al mattatoio, non alla pensione. È il 12 giugno del 1972 quando il presidente della provincia di Trieste riceve una lettera firmata in prima persona da Marco stesso, nella quale afferma di essere ancora in grado di svolgere il proprio lavoro e soprattutto di non essere ancora pronto ad abbandonare i propri amici amici.
Dietro alla lettera ci sono i volti di tutti i malati dell’ospedale, che attendono fiduciosi una risposta. Risposta che si rivelerà un toccasana per il cavallo: è proprio da qui che Marco, destinato al macello inizia la sua seconda vita, una vita destinata a durare molto più a lungo del previsto. La provincia di Trieste accoglie la richiesta e concede al cavallo il meritato riposo, sotto l’amorevole cura dei residenti del manicomio, sostituendolo con un motocarro che svolgerà le mansioni al suo posto.
Per la prima volta, una richiesta ufficiale da parte dei ricoverati viene accolta dalle autorità. In questa maniera Marco diventa il simbolo della speranza per tutti i malati mentali: Vittorio Basaglia, cugino di Franco, costruisce così un’enorme scultura in legno e cartapesta ispirandosi a questa vicenda: un cavallo azzurro, come lo hanno voluto i matti, alto 4 metri in modo da contenere tutti i loro sogni e le loro speranze.
Marco però è così grande da non riuscire a oltrepassare la porta d’uscita del manicomio. Ed è a questo punto che i sogni e le speranze si fanno ancora più forti e abbattono il muro, in modo che il cavallo sia libero di girare finalmente per le vie della propria città, accompagnato ovviamente da tutti i suoi amici e custodi.
Da quel momento il cavallo ha girato città, paesi e continenti. Ovunque egli sia stato, ha portato felicità, poesia, spettacolo e soprattutto libertà - di cui si è fatto immortale ambasciatore -.
Oggi più che mai il mondo ha bisogno di libertà, arte e felicità. Oggi più che mai il mondo ha bisogno di Marco Cavallo, che ha deciso di rinforzare la propria sellatura per far salire in groppa tutte le libertà e correre veloce ovunque ci sia bisogno di lui.